Domenica 7 Ottobre è andata in onda su Canale 9 (e su Dmaxm Real Time ed è scaricabile su Dplay) la prima puntata del nuovo format condotto da Max Giusti C’è Posto per 30; per me, uno dei trenta giudici della trasmissione, all’ombra del battistero parmigiano, si sono svolti i primi due pranzi a tavola con i competenti: Paolo, Stefano e Gil.
Potrei dirvi che far parte della giuria di questo reality, a partire dalla prima puntata fino all’ultima, è stata un’esperienza:
- gustosa come mangiare un piatto di anolini in brodo di cappone a Parma
- sensuale come mangiare quel sautè di vongole a Castellabate,
- sanguigno come la tagliata di Castellina in Chianti,
- sincera come l’amatriciana o la coda alla vaccinara romana,
- elegante come l’uovo con tartufo nero, burro, caviale e foglia d’oro a Milano
- goloso come i ravioli ncaciati di Ascoli Piceno
- stravagante ed esotico come il canguro degustato sul lago d’iseo
- delizioso come la guancia di vitellino con cicorelle campestri assaggiate ad Altamura
ma non lo farò. Per me che ho familiarità con il video e con la buona cucina, C’è Posto per 30 è stata un’esperienza indimenticabile sotto diversi aspetti, oltre il cibo.
Sì lo ammetto, all’inizio, la prima sera nell’albergo di Parma sentendo i Pensionati chiassosi parlare di Inps e malanni, gli Amici fare una battuta (indovinate di che tenore) dopo l’altra, vedere i millennials così attenti all’outfit, costantemente rapiti dal cellulare (per quanto riguarda il cellulare sono anche io un pò millennials), è stato uno shock. Meno male ci sono i miei compagni di tavolo, i competenti ho pensato, anche se infondo, io amo il buon cibo e ci lavoro ma non cucino. Entrare nei tecnicismi, dopo i primi momenti, mi annoia. Quindi, mi chiedevo, resisterò lunghe giornate a tavola, a parlare di cottura sottovuoto, di mantecatura, di cucina sperimentale, di vini naturali ormai così di moda e solfiti (nel mio tavolo visti come la fonte ormai di tutti i mali dell’industria enologica)? Sinceramente ero perlessa, lì, a Parma, ho pensa che forse c’era la possibilità concreta che non arrivassi alla fine delle otto puntate.
Invece incontrare e passare tempo al di fuori dalla mia routine, dalla mia confort zone, quasi fossi tornata adolescente in gita scolastica, con esseri umani come i pensionati o come gli Stranieri, i Longo, gli Amici, i Millennials e i Fidanzati è stata un’esperienza davvero indimenticabile. Un tratto di vita (da giugno a settembre) che mi ha profondamente arricchito, un’esperienza di cui aveva bisogno (senza saperlo), cibo a parte.
Volete sapere dunque quello cosa penso davvero? In primis, penso che C’è Posto per 30, non è (solo) un programma di cibo. Sì, è una sfida tra due ristoranti e sì, si parla di cucina tradizionale di provenienza dalle varie regioni toccate dal programma, ma il cibo qui, nello svolgimento del programma, è un racconto marginale.
Cosa significa mangiare la battuta di cavallo in una trattoria di Parma, per uno straniero che viene dalla cina, dall’irlanda o dall’africa?
Come può giudicare il midollo o il piccione cucinato in un noto bistrot un pensionato che fa fatica a tirare fine mese?
C’è Posto per 30 è uno spaccato sociale del mondo in cui vivo. È la spettacolarizzione televisiva del fenomeno che la tanto vituperata applicazione Trip Advisor, bestemmia nei confronti del buon cibo per i ristoratori e per chi ci vede un livellamento verso il basso di gusto e buona cucina, ha portato alla ribalta.
Cibo che grazie alla capacità di VIRALITÀ della rete, diventa food contaminato dalle culture del mondo onnipresente in tv
Food, stellato o di strada poco importa, ormai food più o meno alla portata di tutti noi che ci ergiamo a giudici e da mangioni (o al contrario anoressici) diventiamo carnefici giudicanti.
Oggi ègiunto il tempo della giuria popolare, come quella di questo reality: 30 giudici, 8 tavoli, più o meno tutti a rappresentazione di categorie sociali ben definite. I pensionati dunque davanti al midollo possono avere delle perplessità, un rifiuto e di certo, la colpa è del ristoratore che offre piatti che non sono veri piatti, non c’entra nulla il fatto che il loro palato non è educato a simili gusti.
La tv dunque, imbeccata dalla tecnologia, velocizza il processo di democratizzazione sociale, inscena la vita. Trip Advisor è uno strumento alla portata di tutti, potere e gogna per chiunque. Efficace strumento di vendetta, nelle mani di chi fino ad ora, era disarmato. ineludibile progresso che porterà cambiamenti nella struttura esistente e anche però, dobbiamo dirlo, un lento raffinamento del ruolo di coloro che giudicano, votano, sparano sentenze.
È o non è vero che nella maggior parte dei casi, tutti coloro che siedono a tavola e mangiano, in particolare noi italiani, parlano ma soprattutto tendono a giudicare quello che han nel piatto?? Chi non lo ha mai fatto, alzi la mano! chi è senza peccato, scagli la prima pietra….
C’è Posto per 30, dunque è il mio ma anche il tuo programma, è il programma che tutti possono aspirare a fare….basta solo trovare il Tavolo giusto in cui mangiare!
Buona visione dunque e buon appetito, sempre!