Una tavola rotonda sulla Gender Equality, in italiano parità di genere, tra Italia e Usa alla Cabot University di Roma. Sì è tenuta martedì 12 luglio, nella bellissima terrazza del Guarini Institute for Public Affairs. Ne ho discusso con Anna di Leillio, Lecturer di Politica internazionale alla NY University, ha moderato l’incontro Patrizia Feletig.
L’evento, organizzato e ideato dal Professor Federigo Argentieri professore della Cabot University e Direttore del Guarini Institute For Public Affairs, ha cercato di scandagliare il vasto e complesso universo della “Gender Inequality” o Diseguaglianza di Genere in una intensa discussione di circa due ore.
I numeri e le statistiche relative alla gender equality sono volutamente state evitate perché ancora estremamente negativi e deprimenti, la strada per la parità di genere è certamente ancora lunga. il discorso si è principalmente basato su esperienze, letture e visioni personali.
Partendo dalle personali esperienze lavorative in Italia e in America, Anna di Lellio ed io abbiamo iniziato a raccontare diversità e similitudini, rispetto alle differenze sulla gender equality nei due paesi. Certamente la recente decisione della Corte Suprema americana rispetto alla legge Roe V Wade e alla Statalizzazione dell’aborto in America, è stata centrale.
Le nostre posizioni riguardo a questa sentenza che rende l’aborto una decisione soggetta alle leggi dei singoli stati e non più regolata a livello federale, sono differenti e sono state argomentate con passione e garbo. La mia posizione si pone ad un livello altro, rispetto a quello della legge e delle questioni morali sollevate da cattolici e conservatori. Penso infatti che l’aborto, una questione legata al corpo di una donna, sia una decisione che concerna solo e unicamente appunto, una donna. Posizione che ho difeso citando il famoso discorso di Oriana Fallaci, che alla fine degli anni settanta, quando in Italia è arrivata la famosa legge 40, sosteneva appunto questo concetto.
È stato affrontato anche il delicato e scomodo tema del femminismo, che ancora fa arricciare i nasi e sollevare gli occhi al cielo indistintamente a uomini e donne. Al femminismo radicale della prima ondata, quello che ancora crea questo rifiuto, ho contrapposto e raccontato come il Femminismo intersezionale a cui aderisco con passione.
Di cosa si tratta? Il termine coniato dalla giurista ed attivista statunitense Kimberlé Crenshow unisce tutte le diseguaglianze e oppressioni sotto un’unica lotta. Perché una femminista può essere afroamericana, lesbica, disabile, migrante e dunque il concetto di intersezionalità è un’esigenza, anzi un’urgenza, di questi tempi.
Qui sotto potete trovare la diretta streaming dell’evento, mentre sopra potete vedere il piccolo estratto in cui spiego cos’è il femminismo intersezionale.